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Stili di attaccamento.

Perchè è importante conoscere i propri?

Perché è importante conoscere il proprio stile di attaccamento? Perché inconsapevolmente lo si attua in qualsiasi relazione, soprattutto in quella amorosa . Facciamo un esempio. Una persona con stile di attaccamento evitante sarà tendenzialmente portata ad evitare il coinvolgimento di tipo emotivo, anche durante le sedute di psicoterapia. Farà quindi fatica a verbalizzare le proprie emozioni  e tenderà, ad esempio, a "trasmettere" tale stile anche ai propri figli che a loro volta avranno difficoltà a verbalizzare le proprie emozioni.  Un bravo psicoterapeuta è in grado di "leggere" gli stili di attaccamento dei propri pazienti  e di operare su di essi per renderli maggiormente funzionali .

Ecco gli stili di attaccamento individuati da Bowlby (1973);

  • Stile sicuro: il bambino percepisce gli adulti di riferimento come delle basi sicure a cui puo' manifestare l'intera gamma delle proprie emozioni, anche quelle negative, con la certezza che sarà ascoltato e che gli adulti saranno capaci di sintonizzarsi con i propri vissuti. Questo getta le basi di una buona autostima e della capacità di stabilire future relazioni soddisfacenti. In terapia, stabiliscono subito un rapporto di fiducia e apertura nei confronti del terapeuta.
  • Stile insicuro/ambivalente: in questo caso, il bambino percepisce l'adulto di riferimento come eccessivamente rispondente in alcuni momenti e piu' distante in altri. Questo atteggiamento instabile genera insicurezza e provoca, ad esempio, una ricerca continua di conferme della presenza e dell'amore dell'altro. In terapia, tendono a chiedere conferme al terapeuta riguardo al suo interesse, alla sua affidabilità, ecc.
  • Stile insicuro/evitante: il bambino percepisce gli adulti di riferimento come distaccati e disinteressati nei confronti degli aspetti emotivi. Imparerà, quindi, a evitare di verbalizzare i propri stati emotivi, cercando di comportarsi in modo efficiente, senza arrecare disturbo agli altri. Per queste persone di solito è piu' difficile chiedere aiuto psicologico rispetto alle due tipologie precedenti perchè hanno appunto imparato ad "arrangiarsi" in autonomia. Durante le sedute, fanno maggiore fatica ad aprirsi e tendono a minimizzare le questioni emotive.
  • Stile disorganizzato: in questi casi, purtroppo, l'adulto di riferimento è spaventato e spaventante, suscitando reazioni di paura nei figli oppure provocando un' inversione di ruoli in cui i figli (anche piccoli!) cercano di prendersi cura dei genitori.  Si tratta solitamente di situazioni difficili in cui almeno un genitore soffre di gravi problematiche di tipo psicologico. Anche da adulti tendono a ripetere tali schemi nelle relazioni di coppia, attaccandosi a persone spaventate e spaventanti. In terapia, sono ovviamente molto spaventate riguardo all'affidabilità del terapeuta oppure cercano di prendersi cura di lui/lei , riattuando l'inversione di ruoli a cui sono abituati.

Un bravo terapeuta individua lo stile di attaccamento dei suoi pazienti e ci lavora sia in modo diretto sia in modo indiretto. In modo diretto, concentrandosi sul "transfert",  vale a dire sulla relazione che il paziente cerca di instaurare con il terapeuta. In modo indiretto, aiutando il paziente a elaborare lo stile di attaccamento che ha avuto con i i propri genitori. Questo tipo di intervento viene svolto sia da terapeuti di formazione psicoanalitica sia da terapeuti EMDR practitioner (esperti).



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Ai tempi del coronavirus io e molti miei colleghi abbiamo deciso di continuare le sedute con i nostri pazienti nella modalità online o telefonica. Anche le direttive dell'Ordine degli Psicologi ci hanno fornito indicazioni in tal senso. Perchè continuare online e non sospendere? Per garantire ai nostri pazienti la continuità dei nostri percorsi, specialmente in un momento difficile in cui possono insorgere delle comprensibili nuove ansie, preoccupazioni, paure, ecc. La modalità online o le telefonate vanno bene anche per chi non ha mai parlato con uno psicologo? Certamente. Anzi, in questo momento difficile è del tutto normale necessitare per la prima volta di aiuto psicologico. Perchè rinunciarci se si può ricevere aiuto in un contesto protetto come le mura di casa propria? Anzi, addirittura, anche una semplice telefonata può fornire sostegno psicologico: esistono infatti numerose associazioni che offrono servizi di aiuto psicologico telefonico. La modalità online è efficace? Personalmente, utilizzo Skype da diversi anni soprattutto per pazienti che si sono trasferiti all'estero e per pazienti che momentaneamente non possono più venire in studio (ad esempio, durante o dopo una gravidanza) e le persone mostrano di gradire tale modalità sottolineandone l'efficacia. Come può essere efficace? E' efficace soprattutto se in videochiamata (Skype o WhatsApp) perchè io ed il paziente ci guardiamo in faccia, come durante le sedute, quindi possiamo comunicare anche attraverso il canale non verbale, non solo quello verbale. Inoltre, attraverso le videochiamate, è possibile utilizzare anche la tecnica EMDR attraverso "l'abbraccio della farfalla". Nonostante ciò, anche la semplice telefonata può aiutare. Nella modalità online e telefonica viene rispettata la privacy ed il segreto professionale? Assolutamente sì! Anzi, noi professionisti siamo obbligati a fornire queste garanzie, come nei colloqui dal vivo. Le sedute in videochiamata e le telefonate devono essere svolte in ambienti idonei, in assenza di fonti di disturbo e nel rispetto della più assoluta privacy del paziente. Perchè alcune persone non gradiscono l'utilizzo della modalità online? Di solito, è perchè non sono abituate e lo vedono come un mezzo impersonale e freddo. Oppure, al contrario, c'è chi la ritiene una modalità troppo informale e poco professionale. In realtà, ai tempi del coronavirus, è indicato continuare a coltivare i propri rapporti sociali attraverso questi mezzi, proprio per non sentirsi soli ed isolati. Inoltre, la professionalità della modalità online è garantita dall'atteggiamento dello psicoterapeuta, che deve sempre rispettare l'etica professionale ed il codice deontologico. Per ulteriori informazioni, chiamatemi al 3388739386. Mio contatto Skype: apm.bernasconi.
Autore: dr.ssa Alessandra Bernasconi 01 nov, 2019
La perdita di una persona cara è sempre un momento doloroso. La sofferenza derivante da un lutto attraversa diverse fasi prima di alleviarsi. All'inizio, appena lo si viene a sapere, subentra la fase di evitamento, caratterizzata da una sensazione di ottundimento e di incredulità e da atteggiamenti di negazione dell'evento ("non è possibile""; "Non può essere vero!"). Gradualmente, si fa strada la fase del confronto in cui si inizia a vivere il dolore legato alla perdita, a ricordare diversi aspetti della persona scomparsa e si comincia a modificare la propria visione del mondo, assimilando questa assenza. L'ultima fase è quella dell' accomodamento: ci si riadatta alla nuova condizione senza dimenticare la precedente. La perdita di un legame importante richiede infatti anche un assestamento della propria identità. Si passa dall'amare in presenza all'amare in assenza: si recupera quel legame e quell'affetto nonostante la persona non sia più presente fisicamente. La perdita più difficile da superare - perchè innaturale - è quella di un figlio, la cui elaborazione può richiedere diversi anni. Negli altri lutti, l'elaborazione nelle sue diverse fasi dovrebbe necessitare di circa sei mesi. Esistono però anche casi in cui la persona in lutto continua a soffrire molto anche dopo anni dalla perdita, come se fosse appena successo. In questi casi, si parla di lutto complicato, caratterizzato da due atteggiamenti controproducenti: negare la perdita e/o il dolore ad essa associato; cercare di rimanere attaccati alla persona scomparsa, senza accettare che non ci sia più. In caso di lutto complicato, la persona ha bisogno di aiuto psicologico per superare le fasi e arrivare all'elaborazione. Consiglio, quindi, di rivolgersi ad uno psicoterapeuta. La tecnica EMDR può essere uno strumento particolarmente efficace e rapido per aiutare le persone in lutto.
Autore: dr.ssa Alessandra Bernasconi 16 ott, 2019
Questa mattina sono entrata in un paio di classi prime di una scuola secondaria di primo grado per spiegare ai ragazzi in che cosa consiste lo "Sportello d'ascolto". Durante la discussione, mi sono soffermata sull'importanza del segreto professionale, vale a dire sull'obbligo da parte del professionista psicologo di garantire la privacy delle persone che si rivolgono a lui. Ad un certo punto, una ragazza mi chiede: "Ma allora lei è piena di segreti! che peso si porta! lei non ha bisogno di parlarne con un altro psicologo?". Rimango piacevolmente sorpresa da questa intelligentissima domanda, posta da un'alunna di solo undici anni. Rispondo che per noi psicologi è normale andare dallo psicologo, quindi, ovviamente, anche noi ci rivolgiamo a dei nostri colleghi in caso di bisogno sia per un confronto di tipo professionale sia per condividere delle preoccupazioni che esulano dalla sfera lavorativa. In questa sede, aggiungo che gli psicoterapeuti di orientamento psicoanalitico sono obbligati ad intraprendere un percorso di analisi personale prima di poter esercitare la professione. Inoltre, per noi è normale e frequente confrontarci tra colleghi ogni volta che incontriamo difficoltà nella relazione con i nostri pazienti. Evenienza non inusuale visto che siamo esseri umani, prima che professionisti e che utilizziamo noi stessi come "strumento" di lavoro.
Autore: dr.ssa Alessandra Bernasconi 11 set, 2019
Domani ricomincia la scuola in Lombardia e molti studenti vivono il rientro in modo negativo. Perchè accade questo? Da una parte, può risultare difficile ricominciare la routine scolastica dopo il lungo periodo di vacanze, quindi riadattarsi ad orari ed impegni. D'altra parte, molti ragazzi non vivono bene il dover affrontare le verifiche e le interrogazioni. Per alcuni loro, i voti costituiscono un vero e proprio cruccio legato alla paura del giudizio, al timore di deludere le aspettative proprie e dei genitori, al paragone con i compagni di classe. Ma quando è il caso di preoccuparsi? Quando lo stress può divenire segnale di un disagio più profondo che richiede un aiuto da parte di uno psicologo o di uno psicoterapeuta? Direi che bisogna prestare attenzione ai seguenti sintomi (assenti durante le ferie): somatizzazioni soprattutto la mattina prima di andare a scuola (nausea, vomito, mal di stomaco, mal di testa, ecc.); disturbi del sonno (insonnia, sonno disturbato, incubi, ecc.); cambiamenti a livello alimentare (il ragazzo mangia troppo poco o troppo); tendenza ad isolarsi dai coetanei; presenza di livelli troppo elevati di ansia (attacchi di panico, ossessione per voti ed interrogazioni, ecc.). Lo specialista potrà cercare le cause di tale malessere e, sulla base di esse, intraprendere il trattamento più efficace. Nella mia esperienza con bambini, adolescenti e preadolescenti, ho individuato tre cause frequenti di malessere scolastico: presenza di un atteggiamento perfezionista da parte del ragazzo/a che quindi non si perdona gli errori e aspira sempre al massimo dei voti: in questo caso, le verifiche e le interrogazioni sono vissute con un'ansia esagerata che può rivelarsi anche controproducente; esistenza di un disturbo specifico di apprendimento non ancora diagnosticato, come la dislessia: a qualsiasi età, la presenza di un DSA rende più difficoltoso il rendimento scolastico e anche il metodo di studio, quindi si può verificare, ad esempio, una discrepanza notevole tra le ore passate sui libri e i risultati ottenuti; presenza di bullismo a scuola: spesso le vittime dei bulli si tengono tutto dentro e vivono una situazione di disagio a volte protratta nel tempo. La presenza di uno psicologo a scuola può essere particolarmente utile come primo aiuto in tutti questi casi.
Autore: dr.ssa Alessandra Bernasconi 03 set, 2019
Quando si sta male psicologicamente, che siano attacchi di panico, depressione, disturbi alimentari o anche difficoltà a livello relazionale, molto spesso viene consigliato di "andare da uno psicologo". In realtà, questa indicazione non è precisa. Infatti, gli esperti nella cura dei disturbi sopra elencati si chiamano "psicoterapeuti", non psicologi. Perchè, allora, si dice "andare dallo psicologo"? Perchè molti psicoterapeuti sono anche psicologi (mentre altri sono medici). Nonostante ciò, la differenza tra le due figure professionali è abissale. Lo psicologo è laureato in Psicologia e iscritto all'ordine professionale degli Psicologi. Lo psicoterapeuta - oltre ad essere laureato in Psicologia (o in Medicina) ed iscritto all'ordine professionale degli Psicologi (o dei Medici) -, ha svolto una scuola quadriennale di specializzazione in Psicoterapia. Il training di uno psicoterapeuta è molto impegnativo: prevede 4 anni di tirocini nelle strutture, anni di supervisioni con colleghi più esperti e ,se di approccio psicoanalitico (come il mio), persino una terapia personale a pagamento (sì, avete capito bene: per esercitare bisogna prima andare in terapia). Insomma, una specializzazione molto seria ed approfondita. Quindi, se pensate di rivolgervi ad uno psicologo per dei problemi psicologici, il mio consiglio è di accertarvi che sia anche psicoterapeuta. Come verificare i requisiti? Basta andare sul sito dell'ordine degli Psicologi: www.opl.it e cercare il nominativo del professionista in questione: se è anche psicoterapeuta, è indicato chiaramente, come anche il numero di iscrizione all'albo. Sperando che ora la distinzione sia chiara, vi lascio il link dell'Ordine degli Psicologi:
Autore: dr.ssa Alessandra Bernasconi 28 ago, 2019
Il primo passo fondamentale è comprendere che si ha bisogno di aiuto e contattare un professionista. A volte non è però così semplice. Alcuni pregiudizi possono ostacolare questa decisione: "è un motivo stupido, posso farne a meno" "chi lo verrà a sapere penserà che sono matta/o" "se sono forte devo farcela da solo" "il terapeuta non riuscirà a capirmi" La maggior parte di queste idee sbagliate si dissolve durante i primi colloqui; è però sempre molto utile parlarne direttamente con il professionista. Per alcuni dei miei pazienti, il fatto stesso di avermi contattata per un colloquio ha avuto un effetto terapeutico perchè sono usciti dall'idea sbagliata e controproducente che possono e devono contare sempre e solo su loro stessi. Spesso è un'esperienza nuova ed insolita per una persona e - come tale - può spaventare. Per questo è un atto di forza: occorre contrastare i pregiudizi iniziali ed affrontare il timore della prima volta. Ma con un pò di coraggio si riesce a varcare quella soglia! Per il resto, uno psicoterapeuta sa come mettere a proprio agio le persone.
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