Il dilemma SILENZIOSO del figlio di un iperansioso

Ci sono forme di ansia che non hanno bisogno di parole per essere trasmesse.
A volte bastano uno sguardo, un tono di voce, una tensione che riempie la stanza.
Un bambino — anche molto piccolo — sente quando il proprio genitore è in ansia.

E se quell’ansia è intensa, costante, difficile da contenere, il bambino lo percepisce in modo molto chiaro.
Non serve che gli venga detto: se ne accorge dal viso, dai gesti, dal modo in cui il genitore reagisce alle difficoltà.

Il dilemma del figlio di un genitore iperansioso

Quando un bambino cresce accanto a un genitore molto ansioso, si trova presto davanti a un vero e proprio dilemma:
da una parte sente il bisogno naturale di condividere le proprie paure, i propri problemi o dispiaceri;
dall’altra, si accorge che ogni volta che lo fa, il genitore si agita, si preoccupa, entra in ansia.

Così impara una cosa fondamentale: che parlare delle proprie difficoltà può far stare male chi ama.
E allora smette di farlo.

Impara a trattenere le preoccupazioni, a risolversi tutto da solo o da sola, a non chiedere aiuto per non pesare sull’altro.
Impara, senza rendersene conto, che mostrare fragilità può essere pericoloso, perché può far soffrire chi gli è vicino.

Le conseguenze invisibili

Col tempo, questo atteggiamento può diventare uno stile di funzionamento più ampio:
una tendenza a chiudersi, a controllare le proprie emozioni, a pensare che gli altri non siano in grado di reggere le proprie paure o i propri dolori.
Spesso queste persone diventano adulte molto autonome, responsabili, apparentemente forti — ma dentro portano la convinzione profonda di dovercela fare da sole.

Non è colpa di nessuno.
È semplicemente il risultato dell’incontro tra due ansie: quella del genitore, e quella del figlio che la assorbe per proteggerlo.

Rompere il circolo dell’ansia “a due”

L’ansia di un genitore non è una condanna per i figli.
Diventa un problema solo se resta
non riconosciuta e non gestita.
Lavorare sulla propria ansia — che si tratti di percorsi terapeutici, di tecniche di rilassamento o di semplici momenti di consapevolezza — è un gesto di cura non solo per sé, ma anche per le persone che ci stanno vicino.

Perché un figlio che cresce accanto a un genitore capace di dire:

“Sì, oggi mi sento agitato, ma posso occuparmene.”
impara qualcosa di prezioso:
che le emozioni si possono attraversare, non temere.

 Prendersi cura della propria ansia è un modo per trasmettere ai figli — e a se stessi — un messaggio diverso e rassicurante:

“Puoi parlarmi. Posso reggere quello che provi.”

Vuoi approfondire?

Se ti riconosci in questa dinamica — come genitore o come figlio — e senti il bisogno di comprendere meglio come l’ansia si muove nelle relazioni familiari, parlarne con un professionista può aiutarti a trasformarla in consapevolezza e in equilibrio.





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